09 luglio 2010

Più counseling, meno pasticche!

Ogni tanto emerge una ricerca che documenta l'enorme diffusione di "pasticche" e "aiutini" vari (e ogni tanto ho dedicato qualche post a questo argomento). Ne è uscita da poco un'altra (un resoconto qui), la cui conclusione fondamentale è questa: raddoppio in dieci anni di prescrizioni di farmaci, con un boom di antidepressivi, specie per le donne.
Credo che davanti a questi dati anche i più ferventi sostenitori della farmaceutica classica, anche gli scettici che ci mettono in guardia dal "voler vedere somatizzazioni dappertutto", debbano ammettere che in questo caso ci sia poco da sottilizzare: la tendenza generale è evidentemente quella di voler rimuovere chimicamente i sintomi senza mai affrontare le cause del proprio malessere.
E' un processo generale che mi suscita rabbia, ancor più quando l'impasticcamento diventa un "metodo educativo" per i bambini e giovani, sottilmente medicalizzati anziché ascoltati.
"Se ci viene il mal di testa, generalmente non ci chiediamo "Perché mi è venuto? A quale offesa specifica o situazione nociva ho esposto il mio corpo, che ora produce il mal di testa?", ma piuttosto "Dov'è l'aspirina?". [...] Le persone non riflettono sul perché sentono il bisogno di bere qualcosa quando tornano dal lavoro, o perché devono prendere una pillola per poter dormire, o perché ne devono prendere un'altra per svegliarsi. Se si ponessero queste domande e rimanessero bene in contatto con il loro corpo, troverebbero facilmente le risposte. Invece, già dai primi anni di vita vengono abituate a ignorare o a trascurare le sensazioni e i messaggi del corpo, siano essi piacevoli o sgradevoli. Le sensazioni sgradevoli vengono allontanate con farmaci quando è possibile o tollerate passivamente quando non c'è nessun farmaco che possa sconfiggerle " (C. M. Steiner, Copioni di vita, Ed. La Vita Felice, p. 79).
Quando avrete deciso di uscire dal tunnel, sappiate che un buon counseling può essere la strada giusta.

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