30 aprile 2008

Sfogo di un neo-papà


Ed eccoci qui, in tre! E' arrivata la piccola Sara con il suo carico di gioia, trepidazione e sconvolgimento di vita. In questi primi giorni la mia principale attività è quella di stare accanto a Chiara e di spupazzarmi la piccola. Sul fronte interno la fatica maggiore è la sopportazione: parentame e vicinato hanno iniziato la gara a chi la spara più grossa. Le candidature sono parecchie, si va da consigli musicali ("I bambini devono piangere urlando altrimenti non si sviluppano le corde vocali") a pareri nutrizionali ("La mamma non deve mangiare pesce altrimenti le spine vanno nel latte materno") a preziosissime indicazioni sanitarie ("I bambini vanno lavati raramente" oppure "Le coliche sono causate dall'acqua calda del bagnetto"). Ma la più grossa che finora mi è toccato sentire è stata... "Non prendere in braccio la bambina altrimenti si vizia". Questa mi fa proprio ribollire il sangue! Ma che cosa ne sapete? Noi esseri umani, soprattutto nella prima fase della nostra vita, abbiamo bisogno come il pane di riconoscimenti, abbracci e coccole che dicano "Sì, ci sei, sei ok, ti voglio bene, hai il diritto di esistere e di essere felice ed io sono qui per te". Quando questo messaggio di fondo sarà passato, allora si potrà abituare la persona a modalità diverse e gradualmente più "contenute" di riconoscimenti, perché ormai il messaggio di fondo di amore/accettazione incondizionata è assodato. E' proprio quando salta questo meccanismo e questo messaggio di fondo non passa che il bambino sarà sempre alla ricerca di continue conferme/riconoscimenti (ed ecco il ricatto affettivo); oppure non li richiederà più perché è arrivato all'istintiva e triste conclusione di non valere e di non meritarseli (è più facile fare il genitore in queste condizioni, vero?).
Se proprio non vi convince questa teoria (che in realtà è un'acquisizione ormai definitiva della psicologia, se proprio non ci arrivate col buon senso) almeno cambiate terminologia, per esempio utilizzando l'espressione "abitudini scomode": perché mai dovete attribuire un "vizio" ad un inerme neonato? Non vi rendete conto che dietro questa parola c'è un giudizio morale di condanna? Dove sta la sua colpa?
Ma che vita triste avete fatto ed avete fatto fare ai vostri figli? Mi dispiace per voi, io per mia figlia seguirò un'altra strada.
PS: Sto riportando altri pensieri sull'esperienza della paternità sull'altro mio blog "Cose dell'andro-mondo"

16 aprile 2008

Vieni avanti creativo!

L'immagine "genio e sregolatezza" che comunemente si attribuisce agli artisti non rende un buon servizio alla nostra capacità creativa. Nella mentalità comune una persona creativa è spesso intesa come svagata, magari un po' eccentrica, lontana dal "buon senso comune" (ed è triste vedere come alcuni ragazzotti provinciali con sogni di gloria si adeguino a questa immagine ottocentesca atteggiandosi a bohemien perché gli altri si accorgano di "quanto è artista"). Le riflessioni più mature sulla creatività, invece, ci portano tutte verso un percorso ben definito:
1. Creatività è riuscire a generare qualcosa di nuovo attraverso un processo che affronta la fatica della "diversità", dell'eterogeneità. Essere creativi significa tenere più cose diverse insieme, è per questo che creare è bello ma anche faticoso.
2. Si arriva alla creatività solo attraverso l'esplorazione di sentieri ameni caratterizzati dall'insolito, dall'imprevisto, dal "perchè no?", dalla divergenza, dall'errore, dal cazzeggio (tutti elementi riconducibili al "pensiero laterale" -- fase generativa-divergente).
3. Eppure divergere, immaginare ed esplorare non basta: creare richiede la fatica dell'impegno della realizzazione attraverso un processo molto simile al lavoro di un artigiano che lima, smussa e rifinisce (fase realizzativa-convergente).
4. La creatività si può imparare/allenare esercitandosi a fare i divergenti e i convergenti. Ognuno di noi per carattere e/o educazione tende a privilegiare uno di questi aspetti, ma per essere creativo dovrà imparere ad integrare l'aspetto mancante. Finché mancherà questa pluralità saremo solo delle persone immaginifiche o dei bravi esecutori ma non dei creativi.
Ed ora, preso dall'esaltazione per essere diventato papà della splendida Sara, vi sparo un leggero pillolone filosofico-teologico.
La forma più alta della creatività umana non sta nell'arte ma nel generare vita attraverso (guarda caso) la diversità (fosse anche meramente biologica) maschile/femminile. L'esperienza della generazione di vita nuova attraverso la pluralità/diversità è ciò che rende gli esseri umani partecipi della "Creazione perenne", di quel processo creativo di Dio che non è più qualcosa accaduto "in quel tempo", ma qualcosa che riguarda continuamente l'oggi.
E contemplando in noi creature la possibilità di essere creative (nel senso di co-creatrici) non mi resta che concludere: che grande creativo il nostro Creatore!