06 marzo 2020

La catechesi al tempo del coronavirus

La sospensione delle attività pastorali legata alle misure precauzionali di questi giorni ha un impatto anche sui nostri percorsi di annuncio. Chiese, oratori, associazioni, la cui attività è basata essenzialmente sull'incontro di gruppi più o meno numerosi di persone, stanno facendo i conti con la sospensione totale delle attività o con una loro drastica rivisitazione. Non è possibile prevedere con certezza le conseguenze di queste sospensioni. Potrebbe trattarsi di un impatto molto limitato, possiamo immaginare che tra quindici giorni o un mese, tutto ritorni nella normale abitudine. Ma potrebbe anche succedere che questa sospensione (della durata attualmente incerta) abbia conseguenze più pesanti del previsto: in un contesto di scarsa partecipazione alla messa domenicale, di bassa motivazione alla frequentazione della catechesi, un "black-out pastorale" di quindici giorni o un mese potrebbe dare un duro colpo ai già fragili legami della identità religiosa e potrebbe essere molto difficile "riabituare" alla prassi pastorale le persone che seguiamo.
Nel frattempo, come catechisti, possiamo fare qualcosa per "limitare i danni" di questa sospensione?
Ecco qualche spunto di lavoro che, ovviamente, non è esaustivo, ma che può stimolare la creatività di ciascuno rispetto alla propria situazione specifica.
Se la affrontiamo con il giusto spirito, questa situazione imprevista potrebbe avere almeno un risvolto positivo: costringerci ad uscire dalle abitudini e sperimentare strade di lavoro diverse.

[NOTA METODOLOGICA: se seguiamo preadolescenti, adolescenti, giovani o adulti sarà più facile avere un contatto diretto tramite le nuove tecnologie e i social; se invece seguiamo ragazzi o bambini, con un accesso giustamente limitato ai mezzi digitali, ricordiamoci che allora il nostro obiettivo sarà di rivolgerci ai loro genitori]

1. MANTENERE I LEGAMI PERSONALI E DI GRUPPO

L'annuncio è fatto di persone che si incontrano, di relazioni. Se la presenza fisica ci è impedita, dobbiamo provare ad utilizzare tutti gli strumenti oggi a nostra disposizione per alimentare i legami tra le persone. Che sia una classica telefonata per chiedere "come va?" o un messaggio nella chat di gruppo che ravviva i contatti, nell'epoca dei social abbiamo solo l'imbarazzo della scelta. Con un'attenzione fondamentale, che fa la differenza: evitare la standardizzazione. Quello che ci interessa non è "mandare un messaggio" generico, ma stringere un legame. Sono quindi da preferire tutte quelle modalità che permettono di "sentire" la persona vicina e presente, di interagire in maniera calda. Ad esempio, un messaggio individuale o una breve videochiamata sono sicuramente molto più significative di un messaggio standardizzato copiato da un sito web e inviato genericamente a tutti.

2. MANTENERE L'ATTENZIONE SUL PERCORSO DI FEDE

Finalmente abbiamo l'occasione di inventare qualcosa di diverso dal solito incontro e di sperimentare (se non lo abbiamo ancora fatto) strade nuove con l' integrazione di strumenti digitali nei nostri percorsi. Qualche esempio:
- Condividiamo un link ad un video che direttamente o indirettamente sia collegato ai temi del percorso che stiamo facendo e chiediamo ai ragazzi di commentarlo. Lo stesso possiamo fare con un articolo sulla vita di fede o su un aspetto dell'attualità che sollecita la nostra fede (ci sono in rete siti con materiali utili e annunciatori molto bravi, abbiamo l'imbarazzo della scelta).
- Facciamo una ricerca e sperimentiamo le varie app che aiutano la preghiera personale o comunitaria, proponendo una modalità di frequentare la stessa Parola che ci unisce anche se siamo fisicamente lontani (accidenti! chi lo avrebbe detto che il senso della "comunione dei santi" lo si sarebbe potuto sperimentare così?)
- Se volete mandare un videomessaggio in cui siete voi a rivolgervi agli interlocutori, ricordatevi che non siamo lì per fare noiose ed inascoltabili videolezioni con inquadratura fissa. Avete mai visto uno dei video di Giovanni Scifoni sulla vita dei santi? Studiamo le sue modalità comunicative per capire come poter unire leggerezza, profondità ed efficacia.
- L'utilità maggiore si ottiene quando chiediamo ai nostri interlocutori di non essere solo dei fruitori passivi di contenuti e proposte ma, a loro volta, produttori di contenuti. Chiediamo ad esempio, di inventare un meme sul vangelo domenicale da mettere sui social della parrocchia (vi ho costretti a cercare su Google cosa è un meme, ma i vostri ragazzi lo sanno bene). O di scrivere un post per un blog. Oppure...
- Il vecchio "discoforum" cambia faccia e lascia il posto a nuove modalità di lavoro. Creiamo e proponiamo una playlist di brani a tema. Meglio ancora, tornando all'importanza di "far fare" del punto precedente, chiediamo a loro di cercare tra le canzoni che ascoltano qualche testo che potrebbe essere collegato ai temi del percorso e di mettere il link al video nella chat di gruppo.

3. UNO SPUNTO A LIVELLO COMUNITARIO

Sulla scia di quanto già sperimentato nei decenni precedenti (con la messa in TV o con le radio parrocchiali) siamo oggi pronti a fare il prossimo "salto": dalla trasmissione di momenti di preghiera in streaming alla condivisione dei tanti contenuti digitali... anche le pagine Facebook (o i canali Telegram) delle parrocchie possono cogliere l'occasione per trasformarsi da semplici "bacheche" di avvisi parrocchiali in luoghi di interazione e scambio.
Se non sappiamo da dove partire... chiediamo ai nostri "nativi digitali" di aiutarci!

Quando l'ondata sarà passata, forse ricorderemo questi mesi come quelli in cui abbiamo avuto l'occasione per utilizzare un momento socialmente difficile come una occasione di miglioramento e innovazione.
Buon lavoro!