Anche i grandi crescono (La formazione)

Agosto 2006, mi reco a rinnovare la carta di identità dove la mia professione risulta ancora “studente”. Alla domanda dell’impiegata che mi chiede cosa scrivere nel campo “professione”, rispondo gongolante: “Formatore!”. L’impiegata mi fissa e sulla sua testa compare un grande punto interrogativo, poi si riprende e con aria di sufficienza, chiude in modo sbrigativo: “Non esiste nelle nostre liste. Scrivo libero professionista”. Ed io che speravo di poter sventolare la mia carta di identità con su scritto “Professione: formatore”! In realtà l’impiegata comunale non ha nessuna colpa ed è in buona compagnia, molti adulti non fanno per niente formazione o aggiornamento professionale ed io per primo ha qualche difficoltà a spiegare esattamente di cosa mi occupo. Però mi sto preparando a quando mia figlia andrà a scuola e le maestre le chiederanno “Che lavoro fa il tuo papà?”. Allora le dirò “Papà fa il maestro dei grandi” e spero che sia sufficiente. Allora do per scontato che voi lettori sappiate che esiste una formazione degli adulti che si tiene nelle organizzazioni (soprattutto aziende, ma anche istituzioni di vario tipo), che esistono dei signori chiamati “formatori” che guidano un gruppo di persone in un percorso di crescita (generalmente in aula, ma non solo) e che tale formazione è talvolta legata agli aspetti relazionali, perché così vuol dire che sapete più o meno di cosa mi occupo. E vado direttamente a raccontare che tipo di attività di formazione svolgo.
Il mio obiettivo di fondo è aiutare i partecipanti ai corsi a vivere meglio (sul posto di lavoro e nelle organizzazioni in genere). Formazione alle relazioni, dunque. È per questo che i temi che affronto sono Comunicazione interpersonale, Leadership e Teamwork, Self-Management, Creatività, Parlare in pubblico, Negoziazione (intesa sia come relazione interpersonale e gestione dei conflitti, sia intesa in un’ottica più specifica legata al processo di vendita). Oltre ad alcuni modelli della già citata Analisi Transazionale, attingo ad altri filoni (Watzlawick & Co. per la comunicazione interpersonale, Quaglino per il rapporto tra individuo e organizzazione, Fisher-Ury per gli approcci negoziali, ecc.) per modellare il percorso a seconda degli obiettivi, dei partecipanti e del contesto.

Al di là dei contenuti, però, ciò che mi preme raccontare è la mia continua ricerca di risposta ad una domanda assillante: “Cosa posso fare perché questa formazione sia efficace, cioè lasci un segno vero, un cambiamento certo nella vita di chi incontro?”. Troppo spesso, infatti, i corsi di formazione si risolvono in una sorta di conferenze avulse dal percorso reale e professionale di chi vi partecipa e, in fin dei conti, lasciano il tempo che trovano. Del resto è vero che per essere "un buon capo" non può essere possibile la semplice partecipazione (per quanto interessata) ad un corso di due giorni. Ma è anche vero che non lo si può diventare senza un tempo ed uno spazio di rielaborazione e crescita (che prenda la forma di aula o di altre modalità formative).

Io voglio fare una formazione efficace. È per questo che riduco al minimo indispensabile (o addirittura elimino) l’uso delle famigerate slides e strutturo i percorsi formativi attraverso una serie di attività (giochi d’aula, canzoni, vignette, simulazioni, attività creative, …) che coinvolgano i partecipanti a vari livelli, certo del fatto che solo attraverso tale coinvolgimento essi possano trovare/elaborare un senso al nostro stare insieme ed il lavoro comune lasci una traccia (piccola o grande che sia) nella loro vita. Ed è per questo che, per quel che posso a seconda del progetto seguito, cerco di diffondere un'idea di formazione che pur essendo in aula non sia “seduta”, o che utilizzi altre forme oltre l’aula (ed ecco il counseling) purché finalizzate all'efficacia. Con quali risultati? …vediamoci al prossimo corso!