25 ottobre 2008

Filastrocca-counseling: Gianni Rodari

Gianni Rodari, un autore ancora troppo sottovalutato della letteratura italiana. La sua forma di scrittura semplice e giocosa ed il fatto che scrivesse "per i piccoli" continuano a relegarlo sullo scaffale della "letteratura per l'infanzia". Invece la sua opera variegata spazia dal componimento didattico al divertissement letterario, dalla rima "socialmente impegnata" all'intuizione puntuale sui processi psichici della socialità. Al centro di tutto la creatività, quindi la capacità di cambiare, crescere, innovare, in ogni senso. A chi voglia accostarsi a questo grande autore consiglio di partire dalla raccolta "I cinque libri" edita da Einaudi, impreziosita dai disegni di Bruno Munari (altro grande, di cui parleremo un'altra volta).
Ecco alcune delle mie filastrocche preferite, che uso spesso anche nelle aule di formazione.

PROVERBI

Dice un proverbio dei tempi andati: "Meglio soli che male accompagnati".
Io ne so uno piu’ bello assai: "In compagnia lontano vai".
Dice un proverbio, chissa’ perche’, "Chi fa da se’ fa per tre".
Da questo orecchio io non ci sento: "Chi ha cento amici fa per cento".
Dice un proverbio con la muffa: "Chi sta da solo non fa baruffa"
Questa io dico, è una bugia: "Se siamo in tanti, si fa allegria".

IL PAESE SENZA ERRORI
C'era una volta un uomo che andava per terra e per mare
in cerca del Paese Senza Errori.
Cammina e cammina, non faceva che camminare,
paesi ne vedeva di tutti i colori,
di lunghi, di larghi, di freddi, di caldi, di così così;
e se trovava un errore là ne trovava due qui.
Scoperto l'errore, ripigliava il fagotto
e ripartiva in quattro e quattr'otto.
C'erano paesi senz'acqua, paesi senza vino,
paesi senza paesi, perfino,
ma il Paese Senza Errori dove stava, dove stava?
Voi direte: era un brav'uomo, uno che cercava una bella cosa.
Scusate, però,non era meglio
se si fermava in un posto qualunque,
e di tutti quegli errori ne correggeva un po'?

I BRAVI SIGNORI
Un signore di Scandicci
buttava le castagne e mangiava i ricci.
Un suo amico di Lastra a Signa
buttava i pinoli e mangiava la pigna.
Un suo cugino di Prato
mangiava la carta stagnola e buttava il cioccolato.
Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la vita la butta via
e mangia soltanto la buccia.

ALLA VOLPE
Questo è il pergolato e questa è quell'uva
che la volpe della favola giudicò poco matura
perché stava troppo in alto.
Fate un salto, fatene un altro.
Se non ci arrivate, riprovate domattina,
vedrete che ogni giorno si avvicina il dolce frutto;
l'allenamento è tutto.

ALLA FORMICA
Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l'avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende, regala.

10 ottobre 2008

Gene e sregolatezza

Siamo nati così e non ci possiamo fare niente oppure siamo il frutto dell'esperienza e dell'educazione? Da quando l'uomo ha cercato di riflettere su se stesso e sul mondo, ponendosi domande sul senso, la lotta tra queste due correnti di pensiero è sempre stata molto accesa. Per molti il nostro modo di essere ("è così di carattere") è una specie di marchio genetico che nessuno può modificare, per cui una persona nata "col carattere incazzoso" è destinata ad esserlo per sempre, magari può imparare a controllarsi ma, come dice il proverbio, "Chi nasce tondo non muore quadrato". Dall'altra parte ci sono tutti coloro che, dando peso alla storia individuale o sociale di ognuno, vedrebbero quella stessa rabbia come un modo tra i tanti possibili di reagire al mondo esterno, modo che è stato appreso e quindi, almeno in alcuni casi, potrebbe essere cambiato. Ora, grazie agli studi sul cervello e lo sviluppo delle neuroscienze, sembra ormai chiaro che questa divisione netta tra fattori genetico-naturali e fattori culturali è superata. Si parla ormai di epigenetica. Le incredibili capacità plastiche di ri-modellamento delle reti neuronali, l'interazione coevolutiva organismo/ambiente ed altri fattori fanno ormai concludere che i fattori genetici diventano fattori culturali e i fattori culturali (stile di vita, alimentazione, modelli di pensiero, ecc.) si trasformano in materiale genetico che "ci entra dentro". Da una parte, quindi, si evitano le illusioni del volontarismo che nega il peso dell'eredità naturale su ognuno di noi; dall'altra resta sempre aperta la via del cambiamento personale che, se ben nutrito, può addirittura rimodellare il nostro corpo. Che ne deriva da tutto questo pistolotto? Che lo stile di vita che conduciamo è una cosa troppo importante che va scelta e ben curata. La qualità di quello che mangiamo, la qualità della musica che ascoltiamo o dei programmi che vediamo, ecc, non sono fattori accessori della nostra esistenza, ma ci entrano letteralmente e fisicamente "dentro". Quindi, chiunque voglia vivere meglio, non può dare la colpa al passato o al cromosoma del nonno che ci ha trasmesso la metereopatia. Non possiamo essere felici se ci nutriamo con la robaccia industriale comprata col chiodo fisso del risparmio senza qualità. Non possiamo essere persone "belle dentro" se il nostro spirito si nutre di reality-show e le nostre orecchie non sanno scegliere tra una allitterazione ricercata di Caparezza ed un verso idiota degli 883. Non è indifferente passare una serata in un locale la cui musica non permette neanche di parlarsi o a casa in compagnia di affetti sinceri, con un amico che porta la chitarra ed un altro che porta una bottiglia di quello buono. Vivere meglio è una scelta di vita.