09 giugno 2010

Aprire le zolle

"Aprire le zolle" è il titolo di un piccolo libro che l'autrice Anna Rita Smiraglia, alla sua prima esperienza letteraria, mi ha chiesto di presentare "in quanto counselor". Lo faccio con molto piacere perché è la storia di un cambiamento. Pagina dopo pagina seguiamo la fatica e la gioia di una rinascita, della riscoperta della propria dignità e di una nuova identità. E' la storia di tante donne che decidono di rompere con il passato ed aprirsi ad una vita nuova. E' la storia di ogni essere umano che, come un seme, ha bisogno di spaccarsi pur di vivere rigoglioso, di "aprire le zolle" per ri-trovare finalmente il suo posto nel mondo. I pregi di questo libro sono a mio avviso soprattutto questi tre:
1. DA' VOCE ALLA QUOTIDIANITA' SENZA VOCE

Parla di molti, dà voce a tante storie quotidiane che generalmente vengono tenute nascoste... Tra le pagine di questo libro ci si ritrova perchè è solo parzialmente autobiografico ed è fatto con tanti frammenti di storie unificati dall'unico io narrante femminile. A volte noi crediamo che la nostra vita sia indegna di racconto, banale. Invece così non è ed è un merito dell'autrice di aver dato voce a questa vita quotidiana insespressa.
2. E' LA NARRAZIONE DI UN CAMBIAMENTO CHE INVOGLIA AL CAMBIAMENTO.

Leggiamo di questa protagonista che attraversa fasi belle e brutte, momenti di slancio di vita intensa e momenti faticosi di solitudine, trasporto ed abbandono,... In questa altalena emotiva però la protagonista compie una maturazione progressiva. Si tratta di un percorso che è un po' una ri-nascita che, come ogni nascita, è accompaganta da un travaglio (e questo le donne lo sanno molto meglio di noi maschietti)... Così anche la ri-nascita di questa protagonista/di noi protagonisti è accompagnata dalla fatica, da esperienze difficili, dall'amarezza ma proprio come una vera nscita, la VITA che ti ritrovi tra le mani alla fine è così preziosa e bella e di valore che ti concentri su questo frutto bello, ringrazi Dio... e al diavolo le sofferenze!

Noi lettori pagina dopo pagina siamo invogliati a cambiare. A rileggere le nostre fatiche quotidiane in una luce diversa.
Io credo che esista un dolore assurdo ed inutile che vada evitato. Ma talvolta crescere, cambiare, vivere comporta giocoforza limiti, fatiche e dolori inevitabili che possono avere senso. Non è automatico, "possono avere senso" se costruiamo una storia di cambiamento ATTRAVERSO questo dolore, questa fatica...E quindi è un libro di speranza perché fa partecipare il lettore a queste fatiche, ma fa gustare anche la bellezza di questo cambiamento. E quale è questo cambiamento?
3. PRENDERE IN MANO LA PROPRIA VITA ED ESSERE RESPONSABILI DELLA PROPRIA FELICITA'
Io credo che sia questo il messaggio del libro. Mi dispiace che qualche lettore disattento o superficiale possa leggerlo come un libro sui matrimoni che finiscono. La questione è più sottile e più ricca. Infatti, soprattutto nella secodna parte, fa capolino il tema delle SCELTE.
La voce narrante, riflettendo su quello che ha vissuto nel passato e che sta vivendo nel presente, decide, sceglie. Sono due verbi facili da pronunciare ma non da vivere perché...

- abbiamo sempre lascito scegliere altri per noi e non sappiamo più come si fa...

- decidere significa etimologicamente TAGLIARE, rinunciare a qualcosa in maniera netta in favore di qualcos'altro...

- decidere significa anche prendersi la responsabilità in caso di errore: se IO decido e le cose vanno male l'errore l'ho fatto io... se io NON DECIDO posso sempre dare la colpa agli altri alla vita, al destino... e ci sono tante persone che non vogliono decidere per non rinunciare a questa infantile e comoda de-responsabilizzazione
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La voce dell'autrice invece ci racconta di una di una presa di responsabilità e anche in questo caso, seguire il suo processo decisionale invoglia il lettore a fare le proprie scelte di vita, a non aspettare una felicità modello “principe azzurro” ma a costruire un presente diverso, migliore per sé e per gli altri. All'inizio di questa storia, la voce narrante prende consapevolezza di tutto questo, anche se costa fatica e dice: "A volte viviamo i disagi e le mortificazioni accettando tutto fiaccamente perché riteniamo ormai il nostro cammino segnato. E a quell'andare ci adagiamo, procediamo lungo la strada della nostra esistenza per inerzia. Lo squallore della vita è rassegnarsi a rimanere dove sei perché non credi di poter avere di emglio, di meritare di più" (pag. 23).
Dopodichè pagina dopo pagina noi partecipiamo a questo percorso che ha bisogno di tempo ... e nelle ultime pagine, il percorso è compiuto. Indietro non si torna e leggiamo delle parole molto forti che auguro a tutti di poter pronunciare prima o poi nella propria vita: "E' tempo di vivere, di volersi bene, di essere me stessa. Adesso che sono finalmente libera di essere me stessa" (p. 77).