Nel mondo della formazione e del counseling si citano molto spesso storie ed esperienze prese dal mondo dello sport. Mi rendo conto che è una "casistica" molto ricca e forte ma, non avendo passioni sportive, non la padroneggio.
Ma ora posso rimediare per interposta persona... Ladies and gentlemen, ecco a voi il mio amico Daniele!
E' stato il mio compagno di stanza al Master ed ha appena coronato il suo sogno di correre per intero la Maratona di New York. Sul suo blog ha tenuto il diario di questa idea che a molti può sembrare bislacca ma che vi invito a ripercorrere, post dopo post, fino alla sua splendida conclusione. Leggete almeno l'ultimo post dove racconta come è andata la sua esperienza con tanto di mini-video di commento. Guardatelo sorridere al traguardo, immedesimatevi nel suo passo, ora stanco, ora agile, ora trepidante.
Quella di Daniele è una lezione di vita, un esempio di cambiamento positivo, non potevo lascarmi sfuggire l'occasione e l'ho intervistato:
Parliamo di motivazione: cosa ti ha spinto a tentare un'impresa del genere?
Mi ha spinto la voglia di mettere alla prova me stesso su un terreno nuovo: la corsa. L’avevo sempre vista come uno sport molto faticoso e privo di quella carica di entusiasmo che possono dare altre attività quali il calcio, il basket, il tennis. Era un terreno nuovo per me e significava il dover assumere un impegno forte, che necessitava di costanza e resistenza. Una sfida ai miei limiti.
Nella tua preparazione hai incontrato delle diffcoltà fisiche ed emotive: come le hai affrontate?
La corsa prolungata è un mix di difficoltà fisiche ed emotive. Fisiche perché praticamente tutti i muscoli del corpo vengono sollecitati ed emotive perché richiede un forte controllo psicologico che eviti la noia e soprattutto permetta al fisico di non mollare nei momenti di maggior fatica. E per me, che non ero abituato a queste sollecitazioni, le difficoltà sono arrivate sia all’inizio della preparazione, anche quando i minutaggi erano molto ridotti, che negli ultimi mesi quando le uscite arrivavano a superare le due ore per arrivare fino a tre ore. Il migliorare la forza psicologica e la capacità di “tenere” è stato fondamentale. E su questo terreno il pensiero all’obiettivo finale è stato un elemento importantissimo: pensare che quello che si sta facendo è necessario per poter tagliare il traguardo della Maratona di New York è stata una spinta impareggiabile. Sulle difficoltà fisiche relative al mio ginocchio non mi dilungo, basta un’occhiata al blog e direi che ne ho parlato anche troppo…
Proviamo ad identificare le cose che più ti sono state d'aiuto nel coronare questo sogno: pensieri (cosa dicevi a te stesso, cosa pensavi di te, come ti immaginavi l'obiettivo, il traguardo), azioni (che comportamenti hai messo in atto, che scelte hai fatto), emozioni (quando? utili o negative? come le hai gestite?)
I pensieri erano rivolti principalmente allo striscione d’arrivo. Quasi in ogni uscita lunga mi ritrovavo inconsapevolmente ad immaginare il mio arrivo a Central Park. E pensavo che se uno come me, che in vita sua non aveva mai corso più di venti minuti, può arrivare in soli otto mesi, partendo da zero, a completare una maratona vuol dire che ogni cosa, se la si vuole, in qualche modo è raggiungibile. La maratona come parabola per una motivazione doppia in ogni ambito della vita.
Le azioni sono state semplicemente quelle di seguire attentamente una tabella. Prendere sul serio l’impegno e non trovare scuse con me stesso. Se quella è stata la scelta dovevo confermarne le conseguenze: mettere in essere un allenamento serio.
Negli otto mesi di preparazione ho vissuto ogni emozione positiva ed il suo contrario. La gioia per arrivare a completare settimana dopo settimana i piccoli traguardi, la rabbia per l’eccessiva fatica che provavo in certe uscite (quando invece credevo di aver raggiunto un miglior allenamento) e quando si è presentato il problema fisico, la paura di un incidente o di un infortunio (come poi è accaduto) che poteva far crollare il sogno. E per le emozioni il mio blog è stato uno strumento inaspettatamente efficace. Scrivevo quello che provavo e di volta in volta arrivavano visitatori che portavano il loro sostegno od incitamento. Non mi sarei mai aspettato che il blog diventasse così popolare e potesse dare la spinta che poi mi ha dato. Importante nella gestione delle emozioni è stato anche il fatto di poter talvolta fare allenamenti in compagnia. Condividere la fatica, scambiare due chiacchere correndo o impressioni sulla progressione della propria forma è stato sicuramente utile.
Dopo aver raggiunto il tuo traguardo cosa pensi di te stesso? è cambiata la tua immagine interiore?
L’ho scritto in diversi sms che ho mandato in risposta ad amici che mi chiedevano come era andata: nel post maratona mi sentivo una sorta di Iron Man. E su questo ha influito anche la resistenza al dolore e la capacità di superare la difficoltà fisica relativa al problema al ginocchio. Mi sono sentito forte, psicologicamente determinato e capace di soffrire per provare poi emozioni positive impareggiabili. Volevo tagliare quel traguardo e l’ho raggiunto, la mia autostima ne ha sicuramente tratto vantaggio…
1 commento:
Un applauso ssmile
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