22 dicembre 2013

Buon Natale!

Basta cambiare la parola "fax" con "e.mail" e "walkman" con "iPod", per il resto la vignetta è ancora attuale....
AUGURI!

21 novembre 2013

A mia figlia (di Margaret Mead)

Che io non sia inquieto fantasma
ossessivo dietro l'andare dei tuoi passi,
oltre il punto in cui mi hai lasciata

ferma in piedi nell'alba appena spuntata.
 

Devi essere libera di prendere un sentiero
la cui fine io non senta il bisogno di conoscere,
non ansia molesta di certezza

che tu sia andata dove io volevo.
 

Quelli che lo facessero cingono il futuro
tra due muri di ben disposte pietre,
ma segnano un cammino spettrale per sé stessi,

un arido cammino per ossa polverose.
 

Puoi dunque andartene senza rimpianto
lontano da questa terra familiare
lasciandomi un tuo bacio sui capelli

e tutto il tuo futuro nelle tue mani.
 

(Margareth Mead)

07 novembre 2013

Fintolandia

C'era una volta, tanto tempo fa, un paese lontano lontano chiamato Fintolandia.

Era davvero uno stano paese, i cui strani abitanti facevano tutte le cose per finta.

A Fintolandia era più importante far credere agli altri di aver fatto qualcosa anziché averla fatta. Ma questo non era un problema, perché anche chi doveva controllare che le cose fossero state fatte, controllava per finta. E nessuno diceva: “Ma guarda che lo so che hai fatto finta”; si preferiva fare finta di crederci pur sapendo benissimo che era una finzione.

Solo i bambini, appena nati, facevano le cose sul serio. Ma poi imparavano presto a fare finta anche loro. Infatti venivano accolti in famiglie di facciata, da genitori che dedicavano loro tempo vuoto e attenzioni posticce. I figli capivano subito, con il loro intuito, come funzionavano le cose, così si adeguavano e, di conseguenza, non crescevano: facevano solo finta di crescere.

I ragazzi fintolandesi venivano mandati in scuole con piani didattici inconsistenti dove gli insegnanti facevano finta di insegnare e gli alunni facevano finta di studiare. I diplomi e le lauree di Fintolandia erano pezzi di carta inutili che certificavano competenze inesistenti in persone ignoranti.

Terminata la scuola, si faceva finta di cercare lavoro. Ma a volte le cose non andavano proprio così, il meccanismo si inceppava e qualcuno finiva per trovare realmente un lavoro. Per fortuna che non era un lavoro vero! Infatti la regola non era lavorare, ma solo far credere agli altri di lavorare. I manager non decidevano e non organizzavano nulla, pur producendo montagne di carte, dati, file. I loro collaboratori facevano finta di seguire le loro direttive, ma non si sentivano in colpa, considerato il fatto che anche la retribuzione era fittizia. I bilanci aziendali, neanche a dirlo, erano truccati. E gli obiettivi erano volutamente falsati per eccesso; i collaboratori lo sapevano e quindi non li raggiungevano, giocando al ribasso. Così i manager li gonfiavano ancora di più, e così via... La legge del far finta era veramente ovunque. Nessuno, ad esempio, credeva realmente che le convention aziendali servissero a qualcosa. Ma i dipendenti ci andavano lo stesso facendo finta di gradire un evento che gli stessi organizzatori ritenevano una gran perdita di tempo. Ma intanto si guardavano bene dal dirlo e la organizzavano lo stesso.

A Fintolandia, le fabbriche, le scuole, gli uffici, i palazzi erano fatti con fogli di carta verniciati di cemento. Erano state costruiti da aziende fantasma, sotto la supervisione di addetti alla sicurezza che facevano finta di non accorgersi che i i loro operai non rispettavano le regole di sicurezza sul lavoro. I piani di evacuazione restavano sulla carta. Gli estintori erano vuoti.

Come avrete capito, ogni cosa di Fintolandia era fasulla. Anche i medici facevano finta di curare e di credere nella bontà dei medicinali somministrati a malati che simulavano dei miglioramenti.

Erano finte le squadre di calcio e gli scudetti. E i tifosi facevano finta di non vedere che le partite erano truccate. Sedicenti artisti intrattenevano la popolazione con spettacoli insulsi. E chi ci andava batteva le mani e diceva “Che bello” oppure “Bah! Potevano fare di meglio” perché quella era la propria parte da recitare.
Le coppie facevano finta di essere fedeli, di essere serene e di avere una vita sessuale soddisfacente. Del resto erano persone che avevano celebrato matrimoni nulli attorniate da invitati che simulavano gioia per essere stati invitati.
Quando qualcosa sembrava turbare la pace sociale, la popolazione reagiva con ondate di sdegno inconsistente che i governanti avevano buon gioco di placare varando l'ennesima legge che nessuno avrebbe mai applicato né osservato.

Come si poteva sopravvivere in un paese del genere? Semplice: bastava stare al gioco, e far finta di credere che tutto fosse vero.

Ogni tanto qualcuno provava a dire la verità, a fare le cose per bene e a chiedere che anche gli altri facessero lo stesso. Ma siccome tutti pensavano che stessero facendo finta, nessuno li prendeva sul serio. Così queste persone si convincevano di essere nel torto e si adeguavano, oppure finivano per impazzire.

A Fintolandia, quando la morte arrivò nessuno se ne accorse, perché pensavano di morire per finta.

Come dite? È una brutta storia? Avete ragione, quasi quasi la butto via.

Anzi facciamo così: io faccio finta di non averla mai scritta e voi fate finta di non averla mai letta.

26 ottobre 2013

Amore e sessualità: come parlarne in famiglia?

Ammettiamolo: la crescita fisica ed affettiva dei figli ci spiazza. Le nostre paure si sommano alle loro, i nostri imbarazzi ai loro silenzi.
Eppure, è necessario che noi genitori diamo il nostro contributo alla maturazione di una visione profonda e positiva degli affetti e della dimensione sessuale. Ma come fare?
Ne parliamo in due incontri di formazione (9 e 23 novembre - dalle 16.30 alle 18.30) guidati dal sottoscritto (a Calimera - LE - via Zara, 21).
Il costo di ogni incontro è di € 25,00 a persona (se partecipano entrambi i genitori, una quota è gratis).
Per info e iscrizioni 349.0063946

09 ottobre 2013

Mi fido di te...

Uno dei temi più ricorrenti nella formazione alle relazioni in ambito professionale è quello della fiducia. Non si può parlare di leadership, di team, di delega, di comunicazione, di negoziazione senza richiamare prima o poi nel tema della fiducia (fiducia da dare, da mantenere, da ispirare,...).
Fiducia intesa come capacità di accettare che ci sia un pezzo del nostro mondo che dipende da qualcun altro e non solo da noi. Come capacità di capire che c'è qualcosa (o qualcuno...) su cui non possiamo avere il controllo e che ci richiede un affidamento, un “darci”, pur sapendo che potremmo subire conseguenze impreviste (o addirittura spiacevoli) da questo nostro gesto.
La fiducia implica quindi un rischio. Non posso mai avere la certezza assoluta che l'altro (collega, collaboratore, cliente...) usi in maniera corretta e costruttiva quello spazio in cui io non entro. E, del resto, il vecchio proverbio “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” ci ricorda che le “fregature” sono sempre dietro l'angolo, invitandoci al sospetto, al controllo, a non farci abbindolare. E la distinzione tra persone “degne di fiducia” o truffatori è una capacità assolutamente necessaria per la nostra sopravvivenza: se un ladro vuole farla franca, per prima cosa cercherà di non sembrare un ladro, inspirandomi fiducia per farmi abbassare la guardia e meglio manipolarmi.
Ecco allora che l'autodifesa prende il sopravvento, portando ad aumentare i livelli di controllo sulle informazioni, sugli altri, sul mondo, per abbattere il rischio di brutte sorprese. Ma non possiamo controllare sempre e controllare tutto, non è umanamente possibile, in senso generale e soprattutto in un mondo complesso come quello odierno, fatto di scambi ed interdipendenze.
Così ci fidiamo. A volte non per “slancio morale” o grandi ideali, ma per il “semplice” fatto di non poter controllare la fonte e la veridicità di ogni singola informazione e per il fatto di doverci affidare a competenze diverse e maggiori delle nostre per sopravvivere. Ci fidiamo del fatto che sia la Terra a girare intorno al Sole; ci fidiamo del fatto che il signore in divisa che districava il traffico non fosse in impostore; ci fidiamo perché non abbiamo competenze né strumenti per controllare le competenze del pilota che guida il nostro aereo o del magazziniere del supermercato da cui ci serviamo. La vita umana non è letteralmente possibile dubitando in continuazione del lavoro altrui e anche i più paranoici o “complottisti” tra di noi, prima o poi si “arrendono” alla fiducia.
Quello che possiamo fare, soprattutto in ambito professionale, è passare da una forma di “fiducia ingenua” ed acritica ad una forma di fiducia “adulta” che, basandosi sulla trasparenza e la reciprocità, possa minimizzare (non eliminare) i rischi.
Accanto a questo, c'è un'altra cosa che possiamo fare. Riguarda una sorta di “scelta esistenziale” che, ancor prima di tradursi in gesti concreti, ci chiede un cambiamento nell'approccio di base alle relazioni. Potremmo iniziare a vedere la fiducia non solo come un “triste dovere” legato alla nostra impotenza ma come qualcosa di positivo che ci apre, ci fa evolvere, maturare e, perché no, vivere meglio. Siccome non posso far tutto io “sono costretto” a fidarmi e così imparo a delegare e a gestire meglio il mio tempo. Siccome non posso sapere tutto io “sono costretto” a chiedere agli altri, a far spazio alle loro competenze e ad imparare qualcosa che prima non sapevo. Siccome non posso raggiungere un risultato da solo, “sono costretto” a collaborare e a scoprire che accanto a me ci sono persone valide con cui, guarda un po', talvolta è anche bello lavorare...
Fidarsi è uscire dalla chiusura in sé, costruire legàmi, scoprendo che siamo capaci di sopravvivere a qualche fregatura pur di non perdere l'arricchimento umano che essa ci porta.

(Lo stesso post è disponibile come PDF a questo link)

25 settembre 2013

26 agosto 2013

Dalla parte di Giona


Un giorno, quando il compimento si compirà,
quando tutti saremo "al di là",
rideremo in Cristo delle nostre divisioni.
Con lo sguardo del Padre,
contempleremo la verità, ed in essa ci ritroveremo.
Lo Spirito ci farà sorridere imbarazzati
pensando a tutto il tempo perso,
passato a dividerci tra progressisti e tradizionalisti,
popolo ed élite, intimisti e sociali,
tomisti ed agostiniani, pre e postconciliari...
Eccetera.

Ma ora siamo "di qua".
E, finché siamo "di qua",
è un dovere ragionare, scegliere,
ricercare senso e costruire coerenze
di vita e di fede.
Provare ad intuire le tracce di una fedeltà
che richiede di "essere parte"
e ci chiede di "prendere parte".

Quindi non cercatemi dalle parti
di chi misura la fede a colpi di talari.
Non andrò all'happening di guariti e convertiti
né al meeting di politica e affari
né al santuario grondante di ex-voto pagani
dal cui giogo eravamo stati liberati.

Io sto dalla parte di Giona
e altro segno non ci verrà dato.
Nel buio ventre del grande pesce
giudico miseria baciare il sangue
di uomini, statue o di mani bendate.

Io sto dalla parte di Giona
e altro segno non ci verrà dato.

Io sto nel quotidiano credere.
Io sto dalla parte di Giona.

18 agosto 2013

Mini-workshop: I messaggi educativi secondo l'AT

L'analisi transazionale ha sempre dedicato una grande attenzione ai processi di costruzione della persona, evidenziando alcuni meccanismi educativi che comportano una maggiore o minore realizzazione dell'essere umano. In questo workshop divulgativo proporrò una rilettura delle "ingiunzioni/permessi" copionali originariamente formulate dai Goulding.
L'incontro si terrà venerdì 30 agosto dalle 9.30 alle 12.30, ha un costo di € 30,00 a persona ed è rivolto a tanto ai genitori che vogliano migliorare il proprio approccio educativo quanto a tutte le figure educative (anche in formazione) che vogliano tenersi aggiornate.

30 giugno 2013

C'ero una volta... - Vacanza e crescita personale 2013


Cari amici del blog, avete già organizzato le vostre vacanze? Io ho una proposta da farvi.
Dal 30 luglio al 2 agosto venite con me a "C'ero una volta..." una vacanza speciale che unisce relax e crescita personale. Si svolgerà in Umbria in un posto splendido e ha un costo veramente contenuto (tre giorni di vacanza, vitto alloggio e corso completo, a soli € 350,00 a persona).
Si tratta di un'iniziativa creata in collaborazione con "Amalgama - vacanze e corsi" e potete trovare tutte le info nella sua pagina facebook - sezione eventi, oppure contattarmi direttamente al 349.zerozeroseitrenovequattrosei -
Intanto vi "copioeincollo" i testi del depliant promozionale.
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“...e vissero felici e contenti” è il finale che le fiabe assicurano ai loro immaginari protagonisti.
Ma è possibile vivere “felici e contenti” anche per noi, persone reali fatte di corpo, pensieri, emozioni?
“C'ero una volta...” è un'esperienza di formazione dedicata a chiunque stia facendo i conti con il desiderio di felicità nella propria vita.
Ripercorreremo in tre tappe (passato, presente, futuro) la nostra storia personale e, attraverso la narrazione ed il confronto con quella degli altri partecipanti, capiremo come fare spazio alla felicità.
Perché anche noi, principi e principesse della vita quotidiana, possiamo meritarci di vivere “felici e contenti”... o almeno più sereni

COSA
“C’ero una volta” è un percorso formativo inserito all’interno di una vera e e propria vacanza. Sarà quindi un’occasione per coniugare il proprio relax con un’esperienza di crescita personale..

QUANDO
Dal 30 luglio al 2 agosto 2013.
Gli arrivi in struttura sono previsti nel primo pomeriggio del 30 luglio (alle ore 18.00 si svolge una prima attività di presentazione e avvio del percorso formativo). La partenza è prevista dopo il pranzo del 2 agosto.

DOVE
Il percorso formativo “C’ero una volta...” si svolge tra le colline più belle dell’Umbria a Porchiano del Monte, Amelia (TR). Saremo ospitai di “Casa Angelica”, uno splendido casale con piscina immerso nel verde (www.casagelica.com).

COSTI
Il costo globale è di € 350,00 comprensivi di soggiorno completo (pasti, pernottamenti) e percorso formativo. Restano a carico dei singoli partecipanti i costi di viaggio.

CON CHI
Il conduttore del percorso è Francesco Aprile, formatore e counselor specializzato in Analisi Transazionale. I suoi incontri formativi si sviluppano in una serie di attività (giochi d’aula, canzoni, vignette, simulazioni, attività creative, …) che coinvolgono i partecipanti a vari livelli perché il lavoro comune lasci una traccia (piccola o grande che sia) nella loro vita. È membro di AssoCounseling con la qualifica di “Professional Counselor” e dell’AIAT (Associazione Italiana di Analisi Transazionale) con la qualifica di “Consulente della comunicazione”. www.francescoaprile.net

INFO ED ORGANIZZAZIONE
“C’ero una volta...” è una proposta di Amalgama Vacanze e crescita personale.
Per info: amalgamavacanze@tiscali.it oppure contattare direttamente Sara al 340 722 72 03.

12 giugno 2013

Marmellate e coccodrilli

Ancora una volta l'amato Gianni Rodari mi ha dato spunto per una riflessione, questa volta sul mondo del lavoro. La trovate pubblicata sul blog di Jobyourlife, piattaforma innovativa per la ricerca di lavoro.
Buona lettura!

07 giugno 2013

Fuori la voce! Itinerario musicale tra mafie e legalità

Come scrivevo in qualche post fa, in questi mesi ho ripreso l'attività musicale con il progetto "Manhattan Controtransfert". Questa volta l'occasione è stata data dall'iniziativa "Per non dimenticare..." in cui abbiamo porposto un itinerario musicale in nove brani collegati (come di consueto) da alcuni interventi parlati. Abbiamo voluto accompagnare il pubblico in un percorso che è partito dalla specificità del fenomeno mafioso per poi allargare lo sguardo all'illegalità diffusa (alle "mafie" in senso più ampio") che consuma il nostro paese e chiudere con un invito ad un "risveglio morale" personale e collettivo.

Questa volta la formazione musicale si è arricchita del contributo di Egidio Marullo alla batteria e (su un brano in particolare) di Emanuele Licci al bouzouki.

Ecco una sintesi video della serata


08 maggio 2013

Ricomincio da me

Ricordate il progetto "Manhattan Controtransfert"? Ecco una nuova puntata...
In occasione del IV convegno nazionale di AssoCounseling, ho proposto agli organizzatori un itinerario di canzoni di musica leggera italiana per ripercorrere il counseling e le sue tematiche in forma musicale. Hanno accettato e così i Manhattan Controtransfert si sono lanciati nella loro prima lunghissima tournée, raggiungendo Milano con un mini-spettacolo di dodici brani (da Fossati a Gaber, da Ligabue a Branduardi).
Per sfortuna di chi doveva ascoltarci, Luisa, la nostra bravissima cantante ufficiale, non ha potuto segurici in trasferta e così ho dovuto cantare io... Ma le mie qualità canore puntano al massimo ad un "6 politico per grazia degli ascoltatori", e questo non era possbile ottenerlo su tutti i  brani... In particolare la mia esecuzione in prova della canzone "Dentro" di Niccolò Fabi (splendida per introdurre il tema della riscoperta delle risorse interiori) implorava vendetta al dio della musica. Andava sostituita.
Ma siccome, per quanto cercassi, non me ne veniva in mente un'altra degna, alla fine, per tagliar corto, ne ho scritto una io. Quindi... beccatevi il video e buon ascolto!

11 aprile 2013

"Essere umani" al lavoro


Chiara è una ragazza che lavora presso un centro servizi con un contratto a termine. Allo scadere del contratto, l'ultimo giorno di lavoro si aspetta di avere un colloquio con qualcuno dei suoi responsabili per sapere se il suo contratto è rinnovato o meno. Nessuno sa nulla, il super-capo non è in sede e lei rientra a casa con un grande punto interrogativo: ma domani mi presento o no al lavoro? Il fatto che nessuno le abbia detto nulla le fa sospettare di non essere confermata, ma alcuni suoi colleghi le dicono che in azienda in questo periodo c'è un po' di caos, quindi di non dare per scontato nulla, è bene attendere una notizia ufficiale. Durante la strada del rientro, Chiara riceve un SMS sul cellulare: “Ciao. Il tuo contratto scade oggi”. Mittente sconosciuto, ma deve essere un numero della società di recruiting che l'ha selezionata e le ha procurato il lavoro. Chiara richiama: “Se ho ben capito non sono piaciuta e quindi non mi prendono, giusto?” “A noi non risulta che non sia piaciuta, sappiamo solo che la società non ci ha fatto sapere nulla, quindi lo prendiamo per un no, succede”. “Ok, capisco. Ma mi permetta una considerazione: non c'era proprio nessuno (né tra di voi né in azienda) disposto a dirmelo di persona? Inviare un SMS non mi sembra il massimo della correttezza...”. La risposta è stata: “Si ritenga fortunata ad aver ricevuto almeno l'SMS. In genere non mandiamo neanche quello”.

La storia che vi ho raccontato è accaduta davvero e la trovo un esempio di una terribile de-umanizzazione del lavoro ai nostri giorni. E di storie come questa ne raccolgo tante nella mia attività di counseling professionale e formatore, ultimamente sempre di più. Abitualmente tendo a distinguere, a prendere le lamentele con un certo distacco. Di casi isolati di “maleducazione” (se così possiamo chiamarla) ce ne sono sempre stati e ce ne saranno, non si può generalizzare né tanto meno scandalizzarsi. Eppure, rispetto a quello che ho visto anche solo una decina di ani fa, quando ho iniziato a girare per le aziende, mi sembra assistere ad un inesorabile e progressivo deterioramento della qualità delle relazioni umane sui luoghi di lavoro. E quando chiedo al maltrattato di turno “Cosa ti hanno risposto?” la risposta è sempre: “Mi han detto che siamo in tempi di crisi quindi occorre incassare, non andare per il sottile, accontentarsi di quel che c'è”.

Io credo che la frase “c'è la crisi” si ormai abusata e utilizzata a sproposito per coprire qualunque schifezza senza prendersi le proprie responsabilità. La cura delle relazioni umane non è un lusso che ci si può permettere solo fintanto che le cose vanno bene. Una persona resta tale “nella buona e nella cattiva sorte” e, crisi o non crisi, i nostri interlocutori hanno diritto ad un “minimo sindacale di dignità”. Questo significa, ad esempio, dare una risposta, magari anche negativa (non si può sempre dire sì, evidentemente). Ma rispondere. E rispondere guardando in faccia il nostro interlocutore.
Mi metto allora nei panni di uno qualsiasi dei vari responsabili/capi di Chiara. Ognuno di essi si è trincerato dietro un “non spetta a me” per togliersi dell'imbarazzo di dire ad una persona “Ci dispiace, non sarai assunta”. La domanda che ora faccio loro non riguarda più la dignità negata di Chiara, ma riguarda la loro stessa identità/qualità di professionisti: Dove è la vostra dignità? Negando a lei una risposta, state rinunciando alla vostra stessa umanità, vi state appiattendo a semplici rotelle di un ingranaggio organizzativo. Vi comportate in maniera de-umanizzata: ne siete contenti? Non avete nostalgia di riprendervi un pezzo di "rischio umano" e di soddisfazione, di orgoglio di far bene il  vostro lavoro?

Per riconoscere dignità agli altri, occorre la voglia di riscoprirsi umani, noi per primi.
A me sembra che ce ne sia un gran bisogno: ne avremo il coraggio?

05 aprile 2013

Mi ascolto... e te la canto!

Nel mio lavoro ci metto passione ed anche “le mie passioni”, in primis la musica leggera. Così, dopo l'esperienza radiofonica di “Una musica può fare”, dopo aver lanciato il progetto “Manatthan Controtransfert” (che ad aprile e maggio presenterà due nuove performance di cui vi dirò), ecco qui una nuova iniziativa sul binomio “canzoni e crescita personale”. Si chiama “Mi ascolto... e te la canto” ed è un progetto per sviluppare l'intelligenza emotiva rivolto ad un gruppo di adolescenti, invitati a dare voce al proprio vissuto emozionale attraverso un lavoro di ascolto, analisi (e produzione) di musica leggera.

Tutto è nato dallo scambio di idee con Marcello D'Ippolito e Francesca Costantini, i due fondatori e responsabili della scuola di musica “Ragtime Bubu Band” di Calimera (LE). Sono persone con una forte sensibilità educativa e credono che la propria scuola non debbo occuparsi solo della semplice “istruzione musicale” ma anche trovare modi di stimolare la crescita a 360° di chi la frequenta. E, in questa ottica, hanno voluto che l'iniziativa non avesse costi per i partecipanti, è la scuola che la offre come un “bonus”.

Il progetto coinvolge una decina di adolescenti e la sua metodologia di base è il discoforum, integrato da sessioni dialogate, confronto di gruppo, analisi di vignette e altri materiali multimediali. Ogni incontro inizia con l'ascolto di alcuni brani di musica leggera e da una loro analisi (dapprima sulla forma musicale, poi sul testo). Le canzoni del primo incontro erano incentrate sull'ascolto di sé e hanno portato alla conoscenza delle nozioni di base dell'intelligenza emotiva. Gli incontri successivi (che si tengono in questo mese) sono invece incentrati sulle quattro emozioni di base (paura, rabbia, tristezza, gioia) e il lavoro di analisi delle canzoni lascia gradualmente spazio a far emergere alcuni vissuti emotivi dei partecipanti che, guidati da me, sono invitati a scoprire il valore delle emozioni e l'approccio di base per una sana gestione.

Durante questi incontri striamo anche raccogliendo idee, spunti, riflessioni dei partecipanti che possano diventare la base di lavoro per la terza ed ultima fase (maggio), nella quale si passa dall'ascolto del mondo emotivo e canoro altrui all'espressione del proprio mondo emotivo attraverso la produzione di uno o più brani di musica leggera. In pratica, chiederemo ai partecipanti: “Sinora abbiamo ascoltato come gli altri hanno espresso le loro emozioni in musica: Ora proviamo ad esprimere noi le nostre emozioni in musica” e proveremo, con la supervisione dei maestri della scuola musicale a scrivere e arrangiare uno o più brani che diano voce al loro mondo interiore e che, se vorranno, potranno essere presentati nel saggio di fine anno della scuola, previsto a Giugno.


Il lavoro per il momento procede bene... restate sintonizzati e vi racconterò come è andata a finire.

17 marzo 2013

OT: Francesco, Vescovo di Roma


Un post dedicato ai vaticanisti, ai credenti (a vario modo) e agli anticlericali. Dopo aver letto e ascoltato tanto sull'elezione di Papa Francesco, ora sento il bisogno di scrivere quello che mi sarebbe piaciuto leggere.

A TUTTI
Le parole e i gesti dell'inizio di questo Papa sono stati di una portata storica ed ecclesiale immensa. Nella storia della Chiesa si sono confrontate (e continuano tutt'ora) concezioni molto differenti di intendere il ruolo del Papa e il suo rapporto con gli altri vescovi.
Semplificando un po' possiamo dire che c'è una corrente di pensiero che ricorda come ogni Vescovo sia il pastore della propria diocesi (quindi "padrone a casa sua" con notevoli conseguenze anche sul piano della guida pastorale e della cura dottrinale) e che il Papa sia il Vescovo di Roma che storicamente ha avuto il compito di "armonizzare" nella comunione le varie chiese locali. Un'altra corrente di pensiero invece vede nel Papa/Pontefice un vero e proprio "capo della chiesa" in senso fortemente gerarchico, con intuibili conseguenze sul piano teologico e pastorale (e con ovvia diminuzione dell'auctoritas dei pastori delle cheise locali).
Negli ultimi secoli (!) di storia la corrente "collegiale" è stata di fatto minoritaria (aumentando così il distacco dalle chiese protestanti e ortodosse che rifiutano una interpretazione "piramidale" del cosiddetto "Primatus Petri") fino alla concezione di sovraesposizione mondiale mediatica fatta da Giovanni Paolo II (Benedetto XVI pure era di questa linea).
Invece Papa Francesco, fresco di elezione ha detto delle parole semplici ed inequivocabili: "La comunità diocesana di Roma ha il suo Vescovo: grazie!
[...] incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese".
Parole nette, semplici nella forma, teologicamente perfette, densissime di significati ecclesiali che dicono come Papa Francesco ha in testa e nel cuore un'idea di Chiesa e di esercizio del suo ruolo di tipo episcopal-conciliarista. Personalmente, ne sono ben contento e credo che, se continua così, ci troviamo davanti ad una figura il cui peso pastorale potrebbe rivelarsi addirittura maggiore di Giovanni XXIII.

Questa semplice ma immensa precisazione teologica non l'ho sentita fare da nessun giornalista in questi giorni.
Invece credo fosse proprio questo ciò che avrebbero dovuto spiegare a tutti gli ascoltatori/lettori, i quali hanno intuito di trovarsi davanti qualcosa di immenso senza riuscire forse a decifrarlo appieno (cogliendone però il linguaggio dei segni: il rifiuto di vesti eccessivamente ricche, l'invocazione della benedizione da parte del popolo, ...).

AI GIORNALISTI
Se ti proponi come un "giornalista commentatore" di fatti vaticani ricordati che per capire (e aiutare i tuoi lettori a capire) il senso degli eventi vaticani:
- Sarebbe il caso che tu studiassi un po' di teologia e di storia della chiesa prima di parlare
- No. Aver letto i romanzi di Dan Brown non ti autorizza a proclamarti "esperto" di fatti ecclesiali.
- I luoghi comuni su "i gesuiti" (molto intelligenti ma subdoli manipolatori) o su "il papa bianco contro il papa nero" o su altri ordini ecclesiastici non possono essere utili a capire gli eventi e simili baggianate ormai tendono a sparire anche dalle più vetuste barzellette dei preti. Siete mentalmente più vecchi voi di molti cardinali.

AI CREDENTI
Per quanto lo stesso Papa si sia detto (ovviamente) in continuità con i suoi predecessori, i suoi gesti, il suo stile di vita e i suoi discorsi non lo sono affatto. Io credo che questo sia un gran bene per la Chiesa. Con rispetto parlando, Bergoglio sta a Wojtyla come la Roma alla Lazio: non puoi tifare per tutti e due.
Allora vedere in giro commenti del tipo: "vedo in lui un nuovo Giovanni Paolo II" significa una di queste due cose:
- siamo ancora dei credenti ingenui e "bravi bambini" che hanno imparato che "si vuol bene al Papa" in quanto tale. In tal caso... SVEGLIAAAAA! Accendete la testa. I papi non sono tutti uguali, la Chiesa e il mondo hanno bisogno di credenti pensanti!
- Oppure lo sappiamo che gli stili pastorali sono opposti ma facciamo finta di niente, come se nulla fosse, oppure ci arrampichiamo in ridicole costruzioni semantiche per dimostrare che "in realtà volevano dire la stessa cosa ma in modo diverso". Se siete di questa linea posso solo dirvi che il vostro servilismo è il contrario della parresìa evangelica e che, quindi, siete miei nemici. E non sempre ho la forza e la voglia di pregare per i miei nemici.

AGLI ANTICLERICALI
Io vi amo quando mi mettete in crisi, costringendomi a chiedermi: Ma io, perché credo? E in cosa credo? Quante incrostazioni storico-sociali sporcano la mia fede?
Quindi vi prego, fate bene il vostro mestiere.
Cioè criticate i credenti a ragion veduta usando bene gli strumenti della ragione (a voi tanto cara, ma anche a me).
In questi giorni ho letto tantissimi commenti critici sulla chiesa, il conclave e i papi, ma mi sembra che appena il 10% fossero delle frasi fondate razionalmente. Il resto erano affermazioni generiche, luoghi comuni con la stessa dignità epistemologica dei pareri calcistici di un ultrà. Quandi niente da commentare da parte mia su espressioni tipo "Tanto sono tutti ladri/pedofili/bugiardi/schifosi..." ecc.
Mi soffermo invece su una accusa particolamente grave riguardante il rapporto con i regimi destrorsi sudamericani e addirittura il "tradimento" da parte di Bergoglio di due gesuiti lasciati deliberametamente nelle mani torturatrici di un regime dittatoriale per pura ragione di stato.
E' una accusa molto pesante e da simpatizzante del nuovo Papa mi piacerebbe che ogni dubbio a riguardo fosse dissipato.
Oppure dimnostratemi che la mia simpatia è mal riposta argomentando per bene i fatti accaduti ed evitando di riportare citazioni da citazioni da citazioni da link che riprendono spezzoni di interviste di quarta mano...
Non vorrete mica fare la figura di quelle femministe incazzose che hanno attaccato istericamente il Papa per una frase contro le donne MAI DETTA e la cui unica fonte era un "google answers" del 2007 rimpallato per il web come "fonte certa"...
E' vero che il Vaticano ha raggiunto livelli di non trasperenza e inciucio da fa vergognare Gesù Cristo e tutti credenti. E' proprio per questa scarsa trasparenza che il rischio di cadere nelle trappole del complottismo misterico è sempre dietro l'angolo.
Vorrei perciò che le vostre accuse alla Chiesa fossero ben fondate, cristalline. Altrimenti andiamo soltanto ad alimentare il palinsesto di Voyager.
E sarebbe proprio un peccato che il Libero Pensiero Razionalista passasse dai fasti del giacobinismo alle miserie del giacobbismo...


31 gennaio 2013

La bussola della felicità

Pubblico uno stralcio di un mio intervento formativo sul tema della felicità tenuto presso "Viva.io" durante un incontro del ciclo "I lunedì del Viva.io" dedicati all'intelligenza emotiva.

29 gennaio 2013

A Sara e Miriam

Verrà il giorno in cui partirete;
andrete su quella strada della vita che è soltanto vostra.

Io dirò qualche ultimo "E mi raccomando,...", per quel che vale.
Poi mi farò da parte.
Sarò un po' triste, certo: è così bella la vostra presenza.
Ma sarò anche felicemente orgoglioso di vedervi cresciute, capaci, mature.

Sceglierete voi la strada e i compagni di viaggio.
Sceglierete voi le mete, il percorso, le soste.

Nel viaggio, vorrei esservi vicino e lasciarvi libere

essere una presenza salda che non sia invadente.
Ecco perché non verrò con voi.
Ma vi sto preparando uno zaino per il viaggio.

Dovrà essere uno zaino leggero:
ho visto troppi figli schiacciati da genitori ingombranti
e non voglio questo per voi.
Dovrà essere uno zaino semplice e utile:
ho visto troppi figli confusi dal superfluo.
Così, ecco quel che troverete

- Una bussola
Perché siate libere di andare dove volete, sapendo sempre dove siete

- Una foto di mamma e papà
Per ricordarvi che siete nate dall'amore

- Una foto di famiglia con nonni, zii,...

Per ricordare le radici che vi hanno nutrito

- Un canzoniere e una scatola di colori

Per fare più bello il mondo

- Il vangelo secondo Marco
Perché racconta Gesù viaggiatore e compagno di strada

- Qualche ricetta di mamma
...che non guasta mai

- Questa mia lettera d'amore per voi.

Il resto saprete procurarvelo da voi.

E siccome il viaggio è il vostro,
questo zaino prepariamolo insieme:
per noi genitori è troppo forte la tentazione
di credere di sapere tutto della vita e di decidere
cosa sarà "sicuramente utile" al viaggio degli altri.

Ecco, questo è lo zaino.
Uno zaino che costruiamo istante dopo istante
per un viaggio che non è "domani" ma è già iniziato.
E ogni giorno, crescendo, 
ci salutate e partite un po' alla volta.

Buon viaggio,
il vostro papà


23 gennaio 2013

Lettera aperta ai genitori di Rachele e Luca

Gentilissimi,
ho visto in rete la performance canora dei vostri figli:


Sinceramente, io credo che stiate facendo loro del male.
Faccio fatica a spiegare nel dettaglio e con parole adulte i miei pensieri perché le mie emozioni mi bloccano. Il massimo che riesco a dire è che c'è una grande differenza tra  bambini che giocano a fare i grandi e bambini cui gli adulti impongono schema di comportamenti adulti per il proprio divertimento.
Allora ho provato a scrivere una filastrocca, magari il linguaggio dei bambini può aiutare noi grandi a vedere le cose da un altro punto di vista e capirle meglio.


QUANDO GIOCO A FARE IL GRANDE

Quando gioco a fare il grande
mi travesto, rubo al nonno
gli stivali e le mutande
e ci faccio un girotondo.

Copio mamma che si trucca
leggo anch'io un gran giornale
poi mi metto la parrucca
che zia indossa a carnevale.

Fare i grandi è divertente
chi lo fa per bene cresce
vado in banca, ho la patente
ma è uno scherzo, poi finisce.

Ma che brutto fare i grandi
negli spot o negli show
far sorrisi e pose finte
per accontentarvi un po'.

E per vendere un maglione
o passare le serate
ci coprite di cerone
ci vestite e ci spogliate

come fossimo pupazzi
che non hanno dignità
suscitiamo gli sghignazzi,
lo stupore, la pietà.

Cari adulti che insegnate
“Non si scherza con il fuoco”
per favore non ci usate:
noi non siamo il vostro gioco.

I bambini siamo noi
che giochiamo a fare voi
se con noi vi va di stare
ci dovete rispettare
se con noi vi va di stare
vi aspettiamo per giocare.

(Francesco Aprile)

04 gennaio 2013

Aiutiamoci ad educare

Carissimi colleghi genitori, come state? Affaticati, soddisfatti, dubbiosi, in crisi...?
Presi dalla preoccupazione educativa, il rischio è di diventare genitori "per abitudine" che non hanno la minima idea di quello che sta accadendo nella propria famiglia. Ho un consiglio e una proposta.
Stiamo attenti a fermarci ogni tanto, a riflettere su quello che facciamo per i nostri figli, usciamo dall'apnea continua, dedichiamoci un momento per respirare e ragionare sulla nostra relazione educativa. Ci state?
Vi propongo di farlo insieme, in alcuni incontri per i genitori che ho messo in calendario per i prossimi mesi. Si terranno a Lecce, presso lo Studio Viva.io, con orario 16.30-18.30.
Hanno un costo veramente contenuto: € 20,00 a nucleo familiare, per incoraggiare la partecipazione di entrambi i genitori.
Per partecipare è necessario prenotare contattandomi al numero 349.0063946. Si può partecipare anche agli incontri che interessano di più non si è obbligati a fare tutto il percorso.

CALENDARIO DEGLI INCONTRI
12 gen  Qual è lo stile educativo “giusto”?
26 gen  Come comunichiamo il nostro amore ai figli?
9 feb    Come possiamo dare buone regole?
23 feb  Quando è bene sorvolare, quando rimproverare?
2 mar   Quali messaggi inviamo per educare all'autostima?
16 mar Quali messaggi inviamo per educare a relazioni costruttive?
13 apr  Quale equilibrio tra vita personale, di coppia e famiglia?
4 mag   Come fare educazione sessuale in famiglia? (I parte)
11 mag Come fare educazione sessuale in famiglia? (II parte)

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