Nel post precedente ho raccontato del mio incontro con il gruppo degli OT. Ripeto che sono un gruppo di adolescenti veramente speciali, in gambissima, impegnati da anni in un percorso di servizio solidale nella propria città (Trani). Ho avuto l'occasione di reincontrarli nuovamente, invitato dalla loro responsabile Giusy, per guidarli in un'esperienza estiva di formazione, un cosiddetto "campo-scuola"; ecco qui qualche appunto sul percorso fatto.
Il campo ha avuto un duplice obiettivo: da una parte si è voluto fornire ai partecipanti alcune chiavi di lettura per analizzare le proprie relazioni di aiuto e poterne migliorare la qualità; dall'altra, si è lavorato sulla “progettualità di vita” alla luce della domanda: “Quale posto e quale forma intendo dare nella mia vita alla solidarietà?”.
Il primo nucleo formativo, attraverso l'analisi di alcune relazioni di aiuto prese dall'esperienza dei singoli partecipanti, ha portato gli OT a comprendere alcune delle “trappole” potenzialmente sottese ad una relazione di aiuto; prima su tutte la tendenza a impersonare il ruolo di “Salvatore” di una “Vittima” (secondo il modello del “Triangolo Drammatico” elaborato da Karpman). Un aiuto reale e di qualità non è quello di chi si sostituisce all'altro deresponsabilizzandolo ma, al contrario, quello di chi percorre un tratto di strada assieme a chi è in difficoltà perché questi possa camminare con le proprie gambe e non dipendere dall'aiuto esterno. La trappola del binomio “Salvatore-Vittima” è una delle più frequenti ed insidiose tentazioni nelle relazioni di aiuto ed espone anche “l'aiutante” al rischio di logoranti frustrazioni.
Il secondo step formativo era centrato sulla considerazione che chiunque intenda occuparsi di sostegno alla persona, deve fare molta attenzione al proprio equilibrio interiore e alla cura di sé, per evitare che la relazione di aiuto sia “inquinata” dalla tendenza sotterranea a prendersi riconoscimenti e soddisfazioni che non si riescono ad ottenerre altrove. Per questo motivo, gli OT sono stati invitati ad una sorta di “bilancio” di ciò che nutre il proprio essere e di valutare con sincerità i propri bisogni (specialmente affettivi) per poter in qualche maniera “custodirsi” come persone e, prendendosi cura di sé, liberare la relazione di aiuto dalla tentazione di manipolare l'altro per rispondere ai propri bisogni.
Qui è avvenuto il passaggio al terzo nucleo formativo. Dopo un primo momento dedicato all'esplicitazione della propria parte valoriale, i partecipanti si sono impegnati in un momento “progettuale” delineando, per grandi linee, quali saranno i fattori più importanti del loro futuro ed interrogandosi sul posto che vogliono dare alla solidarietà (e ai modi concreti con cui intendono viverla). Suggestionati dalla vicinanza al luogo dei Martiri di Otranto e dall'affascinante mosaico della Cattedrale idruntina, gli OT hanno avuto modo di riflette su cosa stanno spendendo la propria vita e hanno provato a comporre il mosaico della propria vita futura (vedi foto sopra).
Niente male per dei diciassettenni, vero?
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