26 agosto 2013

Dalla parte di Giona


Un giorno, quando il compimento si compirà,
quando tutti saremo "al di là",
rideremo in Cristo delle nostre divisioni.
Con lo sguardo del Padre,
contempleremo la verità, ed in essa ci ritroveremo.
Lo Spirito ci farà sorridere imbarazzati
pensando a tutto il tempo perso,
passato a dividerci tra progressisti e tradizionalisti,
popolo ed élite, intimisti e sociali,
tomisti ed agostiniani, pre e postconciliari...
Eccetera.

Ma ora siamo "di qua".
E, finché siamo "di qua",
è un dovere ragionare, scegliere,
ricercare senso e costruire coerenze
di vita e di fede.
Provare ad intuire le tracce di una fedeltà
che richiede di "essere parte"
e ci chiede di "prendere parte".

Quindi non cercatemi dalle parti
di chi misura la fede a colpi di talari.
Non andrò all'happening di guariti e convertiti
né al meeting di politica e affari
né al santuario grondante di ex-voto pagani
dal cui giogo eravamo stati liberati.

Io sto dalla parte di Giona
e altro segno non ci verrà dato.
Nel buio ventre del grande pesce
giudico miseria baciare il sangue
di uomini, statue o di mani bendate.

Io sto dalla parte di Giona
e altro segno non ci verrà dato.

Io sto nel quotidiano credere.
Io sto dalla parte di Giona.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il post tocca temi complessi sui quali mi trovi perfettamente d'accordo. provo ad aggiungere due elementi. Non avendo nessuna propensione per il lirismo, cercherò di articolarle in maniera sistematica.

In primo luogo, le divisioni. Il Cristianesimo è la religione delle divisioni. Da sempre ci sono stati, per usare categorie politiche non perfettamente calzanti, progressisti e conservatori. In qualche modo, l'adesione a Cristo ha relativizzato e reso interscambiabili altri elementi, permettendo che tutti, nella diversità, si dicessero cristiani. La storia dei primi secoli del Cristianesimo e le testimonianze, seppur edulcorate, del NT sono, da questo punto di vista, eloquenti. Le differenze sono, quindi, effettivamente, roba di cui rideremo. Ma anche no. A volte, infatti, gli elementi interscambiabili che sono all'origine delle differenze, mi sembra che siano feticci che rischiano di oscurare quel nucleo centrale... E allora, anziché aspettare l'arrivo indefinito dell'aldilà, forse converrebbe riscoprire come l'aldiquà del cristiano assume un senso solo se traduce la novità dell'aldilà.

Una seconda riflessione riguarda Giona. Il testo profetico rimanda ad una comunità che vive la tentazione di chiudersi e di vivere in maniera orgogliosamente autoreferenziale la propria fede. e condanna questo atteggiamento che, nonostante sia giustificato dal punto di vista della legislazione religiosa, non corrisponde ai desideri di Dio. Che sono desideri di salvezza scandalosi perché interessano l'altro più altro che ci sia. In un contesto in cui l'apertura del Vaticano II al mondo contemporaneo è bollata come un eccesso di ottimismo, tipico degli anni del Concilio, Giona rappresenta una forte provocazione.

Gian Paolo

Francesco ha detto...

Grazie