
Ed eccoci qui, in tre! E' arrivata la piccola Sara con il suo carico di gioia, trepidazione e sconvolgimento di vita. In questi primi giorni la mia principale attività è quella di stare accanto a Chiara e di spupazzarmi la piccola. Sul fronte interno la fatica maggiore è la sopportazione: parentame e vicinato hanno iniziato la gara a chi la spara più grossa. Le candidature sono parecchie, si va da consigli musicali ("I bambini devono piangere urlando altrimenti non si sviluppano le corde vocali") a pareri nutrizionali ("La mamma non deve mangiare pesce altrimenti le spine vanno nel latte materno") a preziosissime indicazioni sanitarie ("I bambini vanno lavati raramente" oppure "Le coliche sono causate dall'acqua calda del bagnetto"). Ma la più grossa che finora mi è toccato sentire è stata... "Non prendere in braccio la bambina altrimenti si vizia". Questa mi fa proprio ribollire il sangue! Ma che cosa ne sapete? Noi esseri umani, soprattutto nella prima fase della nostra vita, abbiamo bisogno come il pane di riconoscimenti, abbracci e coccole che dicano "Sì, ci sei, sei ok, ti voglio bene, hai il diritto di esistere e di essere felice ed io sono qui per te". Quando questo messaggio di fondo sarà passato, allora si potrà abituare la persona a modalità diverse e gradualmente più "contenute" di riconoscimenti, perché ormai il messaggio di fondo di amore/accettazione incondizionata è assodato. E' proprio quando salta questo meccanismo e questo messaggio di fondo non passa che il bambino sarà sempre alla ricerca di continue conferme/riconoscimenti (ed ecco il ricatto affettivo); oppure non li richiederà più perché è arrivato all'istintiva e triste conclusione di non valere e di non meritarseli (è più facile fare il genitore in queste condizioni, vero?).
Se proprio non vi convince questa teoria (che in realtà è un'acquisizione ormai definitiva della psicologia, se proprio non ci arrivate col buon senso) almeno cambiate terminologia, per esempio utilizzando l'espressione "abitudini scomode": perché mai dovete attribuire un "vizio" ad un inerme neonato? Non vi rendete conto che dietro questa parola c'è un giudizio morale di condanna? Dove sta la sua colpa?
Ma che vita triste avete fatto ed avete fatto fare ai vostri figli? Mi dispiace per voi, io per mia figlia seguirò un'altra strada.
Se proprio non vi convince questa teoria (che in realtà è un'acquisizione ormai definitiva della psicologia, se proprio non ci arrivate col buon senso) almeno cambiate terminologia, per esempio utilizzando l'espressione "abitudini scomode": perché mai dovete attribuire un "vizio" ad un inerme neonato? Non vi rendete conto che dietro questa parola c'è un giudizio morale di condanna? Dove sta la sua colpa?
Ma che vita triste avete fatto ed avete fatto fare ai vostri figli? Mi dispiace per voi, io per mia figlia seguirò un'altra strada.
PS: Sto riportando altri pensieri sull'esperienza della paternità sull'altro mio blog "Cose dell'andro-mondo"