22 maggio 2007

Il gusto della sostenibilità

Per motivi di lavoro, ho avuto la possibilità di conoscere approfonditamente una realtà che mi aveva sempre incuriosito ma che avevo sempre seguito "a distanza". Sto parlando di Slow Food, cui dedico questo post per divulgare l'importanza del suo operato. Sin dall’intuizione originaria del fondatore, Carlo Petrini, Slow Food nasce con il preciso scopo di rivalutare la qualità dei cibi, nel recupero di un sistema produttivo, sociale ed economico messo in crisi dall’industrializzazione della produzione, dalla massificazione dei consumi e dalla omologazione del gusto e delle culture. Focalizzata originariamente sull’idea di “buono”, l’espressione di questi valori si è meglio esplicitata nel tempo, fino a giungere all’attuale “manifesto” codificato nelle tre parole “buono, giusto, pulito”. Secondo il movimento Slow Food il cibo, in tutte le sue accezioni, è così al cuore della vita umana che è necessario promuoverne l’aspetto qualitativo (“buono”), ma questo aspetto è inseparabile tanto dal sistema produttivo che lo genera e dal relativo impatto ambientale (“pulito”), quanto dal peso sociale di tale produzione (“giusto”). Ormai Slow Food è molto più che una semplice associazione, in quanto oltre all’aspetto associativo nazionale ed internazionale, contempla una casa editrice, un’Università riconosciuta dal MIUR, una Fondazione per la biodiversità, ecc.
Cosa c'entra Slow Food con questo blog? Secondo me tanto. Vivere meglio è possibile se sappiamo mangiare meglio, in ogni senso. Privilegiare cibi locali, prodotti con una filiera corta, è sia una questione di giustizia sociale che di sostenibilità ambientale che di qualità della propria vita. A tale proposito, è ormai chiaro che la qualità dei cibi è più determinante della predisposizione genetica nell'insorgere di malattie, anche gravissime (come evidenzia questo articolo scientifico inglese, ripreso in italiano, seppur un po' romanzato, da un commento di Jacopo Fo).
"L'uomo è ciò che mangia" diceva Feuerbach. La vita dell'umanità dipende da ciò che l'umanità deciderà di mangiare. La vita di ognuno di noi dipende da ciò che mangiamo.
Buon appetito.
PS: Firmate l'appello on-line di Slow Food sulla dichiarazione di origine geografica!
AGGIORNAMENTO 7.6.06: La campagna di raccolta firme ha dato i suoi risultati, viene mantenuto l'obbligo per la trasparenza in etichetta. Grazie a chi ha firmato. Se volete ancora firmare ancora, potete farlo per sostenere la battaglia che ora si sposta a livello europeo.

14 maggio 2007

Le perle di Ammaniti

"Come Dio comanda" di Niccolò Ammaniti è un romanzo tanto duro quanto eccezionale. Se siete molto sensibili ve lo sconsiglio, se riuscite a superare la sua "durezza" potreste scoprire delle perle. Io ne ho trovate almeno due, provo a condividerle.
Prima perla. E' una storia squallidissima, di personaggi sporchi, brutti, cattivi. E stupidi. Violenti, ladri, laidi, folli o semplicemente disperati, tutti i personaggi finiscono con l'attribuire a Dio l'origine delle proprie azioni.
Poveri uomini: incapaci di prendersi le responsabilità del proprio agire.
Ma anche povero Dio: tirato sempre in ballo per giustificare ogni nostra umana pazzia, ogni nostro fantasma interiore.
Seconda perla. In questa storia trovo bellissima la descrizione dell'ambiguo rapporto tra il padre e il figlio. Cristiano Zena ama suo padre. Che non è un bravo papà, non lo protegge, non lo aiuta, non gli è d'esempio. Il vero prototipo di "cattivo papà". E allora? Cristiano Zena ama suo padre perché sa che, per quanto distorto sia questo amore, è l'unico amore che suo padre sa dargli.
Nella cupa notte che fa da scena al romanzo, questa certezza del cuore apre l'unico bagliore di speranza. La consapevolezza di un amore. Nonostante tutto.

POSTILLA del 18.05, ore 22.10: Proprio ora apprendo che, dopo "Io non ho paura", Salvatores vuole fare un altro film da un romanzo di Ammaniti: proprio da "Come Dio comanda".

02 maggio 2007

Lettera a Gigino

Caro Gigino,in un post precedente ti ho tirato in ballo e so che aspetti ancora una risposta alla tua fatidica domanda "Ma che cosa è sto counseling e che cosa fa un counselor?". Avevo provato a risponderti ma non erano risposte che ti soddisfacevano: nella tua semplicità sei molto esigente. Ora, dopo mesi di ripensamenti e confronto con altri counselor in erba, ti scrivo questa lettera perché credo di essere arrivato ad una formulazione soddisfacente. Spero che la troverai semplice e al tempo stesso efficace, proprio come la volevi tu.
"Il counselor è un professionista che aiuta a capire ed affrontare quei problemi della vita quotidiana che ostacolano una buona realizzazione personale nelle relazioni con gli altri (nella coppia, in famiglia, sul lavoro, con gli amici, ecc.). Quando voglio migliorare la qualità del rapporto con gli altri, quando mi sento bloccato e ho bisogno di ritrovare energia o quando ho necessità di superare un'esperienza difficile, posso rivolgermi ad un counselor. Un percorso di counseling cerca di farmi prendere consapevolezza della situazione che vivo e a sbloccare le risorse interiori che possiedo per raggiungere i miei obiettivi di benessere".
Ecco, Gigino, questa è la definizione più semplice ed efficace che riesco a fare adesso. Che te ne pare? Aspetto una tua risposta.
A presto,
Francesco